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by easywood
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Senato boccia oltre 1000 emendamenti di 'premessa' a Ddl su testamento biologico Riduci

Roma, 24 mar. (Adnkronos Salute) - Bocciati i 1.609 emendamenti 'premissivi' al disegno di legge sul testamento biologico presentati dai senatori radicali Emma Bonino, Marco Perduca e Donatella Poretti. Si tratta di emendamenti posti a premessa del primo articolo del Ddl Calabrò. Nonostante l'alto numero, l'Aula ha proceduto speditamente perché la bocciatura di uno ha comportato la decadenza di tutti gli emendamenti simili a seguire.

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Calabrò, impegno per odg su cure palliative Riduci

Roma, 24 mar. (Adnkronos Salute) - "L'impegno per un ordine del giorno, firmato da tutti", per l'approvazione della legge sulle cure palliative e le terapie anti-dolore. A proporlo è il relatore del Ddl sul testamento biologico, Raffaele Calabrò, che intervenendo nell'Aula del Senato dove è in corso la votazione sugli emendamenti al provvedimento chiede che "non si continui ad accusare la maggioranza di non aver voluto completare il Ddl con la parte sulle cure palliative". "Ciò è falso - spiega - poiché la dodicesima commissione ha deciso di separare i due temi", testamento biologico e cure palliative, "tra Camera e Senato", ricorda. "La Camera - assicura il relatore del Ddl - è a buon punto nei lavori sul testo unificato per le cure palliative. L'impegno è per un ordine del giorno firmato da tutti. Sarà - conclude Calabrò - il completamento della nostra legge".

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In olio extravergine meno antiossidanti dopo 6 mesi in bottiglia Riduci

Roma, 23 mar. (Adnkronos Salute) - L'olio extravergine d'oliva, ricco di antiossidanti, perde con il tempo e la conservazione la concentrazione delle benefiche sostanze anti-invecchiamento. Dopo sei mesi dall'imbottigliamento si riduce fino al 40% la presenza di questi elementi, con differenze che variano a seconda del tipo di olive utilizzate che, già all'origine, possono contenerne concentrazioni differenti. Lo dimostra uno studio italiano appena pubblicato sul 'Journal of Food Science', realizzato dall'equipe di Antonietta Baiano, ricercatrice in scienze tecnologie alimentari della facoltà di Agraria dell'università di Foggia. Lo studio è stato realizzato su oli originati dalla molitura di una sola varietà di oliva. "Sono state prese in considerazione - spiega Baiano all'ADNKRONOS SALUTE - diverse varietà, tra i prodotti a più larga diffusione. Abbiamo valutato la perdita di queste sostanze in condizioni di conservazione ottimali, con bottiglie di vetro chiuse, tenute al buio, a una temperatura di 20-25 gradi al massimo. E abbiamo registrato un normale decadimento di queste sostanze polifenoliche", in sei mesi la concentrazione si è ridotta fino al 40%. Una riduzione che dipende, in parte, anche dalla presenza degli antiossidanti nelle olive di partenza, la cui concentrazione può essere molto diversa a secondo delle varietà. Ma dipende anche da altri fattori come il metodo di spremitura e, ovviamente, la conservazione. Il principale nemico degli antiossidanti dell'extravergine è, infatti, l'ossigeno. "E' bene quindi, anche nella conservazione casalinga - spiega Baiano - confezionare l'olio in contenitori di vetro perché meno permeabile, chiusi ermeticamente e di piccole dimensioni. Man mano che si svuota la bottiglia aumenta l'ossigeno nel cosiddetto 'spazio di testa', che rimane vuoto nella parte alta della bottiglia, e gli antiossidanti si degradano più facilmente". E' inevitabile, però, che con il tempo si riduca comunque la concentrazione di antiossidanti, "di conseguenza l'olio diventa meno 'nutraceutico'. Questo non vuol dire però - precisa Baiano - che non si tratti comunque di un buon prodotto. Una riduzione del 40% della concentrazione di antiossidanti è in molti casi ininfluente, vista l'altissima concentrazione, soprattutto in alcune varietà di oliva come la coratina, molto ricche". Maggiori problemi possono esserci per gli oli 'dolci', che "hanno già un basso tenore di antiossidanti all'origine, come quelli provenenti dall'oliarola, ad esempio". Meglio dunque, in questi casi, puntare su un'ottima conservazione e sul consumo del prodotto 'giovane'.

 

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Angiologia Riduci

Secondo i risultati di uno studio la valutazione Doppler è poco superiore alla sola semeiotica fisica nello screening del reflusso safeno-femorale.
La Società Mediterranea di Medicina del Benessere (SOMEB), in collaborazione con la Società Italiana di Flebologia Clinica e Sperimentale (SIFCS), e con il supporto non condizionante di Boehringer Ingelheim, ha condotto uno studio osservazionale per verificare se la classica semeiotica fisica, in particolare la corretta esecuzione della manovra di Schwartz-Valsalva, sia in grado di dimostrare l’esistenza di un’incontinenza e di un reflusso dell’ostio safeno-femorale con affidabilità comparabile alla più complessa indagine Doppler.

Lo studio, concluso nel 2010, ha confermato che la classica manovra di Schwartz-Valsalva ha un valore diagnostico solo di poco inferiore alla più complessa valutazione Doppler come tecniche di prima diagnosi e di screening dell’IVC superficiale, facilitando la diagnosi nella gran parte dei pazienti.

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Neurologia Riduci
Neurologia

Alzheimer: nuovo meccanismo di degenerazione neuronale

E’ stato individuato un nuovo meccanismo attraverso cui la beta-amiloide, la principale responsabile della neurotossicità nella Malattia di Alzheimer (AD), determina la morte delle cellule neuronali. Nello studio, svolto dai ricercatori dell'Istituto Superiore di Sanità e pubblicato sul Journal of Biological Chemistry, è stato dimostrato per la prima volta che dosi subletali di beta-amiloide inibiscono l’attività della DNA-PK e che questa inibizione impedisce la riparazione del danno del DNA e il conseguente accumulo di questo danno contribuirebbe alla morte neuronale.
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Psichiatria - lunedì 12 dicembre 2011 Riduci

Come interrompere gli antidepressivi

(American Journal of Psychiatry)

Quando si parla di interruzione rapida della terapia ci si riferisce ad un periodo di 1-7 giorni, mentre la cessazione graduale comporta l’uso del farmaco a dosi ridotte per almeno 14 giorni.

Per verificare i risultati ottenibili con una cessazione rapida e graduale di antidepressivi, alcuni ricercatori italiani hanno seguito 398 pazienti affetti da disturbo depressivo maggiore (224 soggetti), attacchi di panico (75), disturbi bipolari di tipo I (37) o di tipo II (62).

Il follow-up è durato almeno un anno (mediamente 2.8 anni) e la durata media del trattamento antidepressivo è stata di 8.5 mesi. Nello studio, di tipo osservazionale, la scelta di interrompere il trattamento è stata decisa dal medico o dal paziente in base alla sensazione di stare psichicamente bene; gli antidepressivi sono stati smessi rapidamente in 188 pazienti e gradualmente in 210.

La cessazione rapida si è associata ad un minor intervallo di tempo prima della ricaduta (3.6 contro 8.4 mesi) rispetto alla cessazione graduale. I risultati sono stati più evidenti per i soggetti affetti da disturbo bipolare o da attacchi di panico. Con la cessazione rapida, le ricadute si sono presentate dopo un intervallo di tempo che non è stato collegabile al tipo di farmaco utilizzato, mentre dopo la cessazione graduale si è registrato un intervallo libero da disturbi più lungo con i triciclici che non con i moderni antidepressivi.

Infine, il rischio di ricaduta è stato maggiore con i farmaci a lunga emivita plasmatica mentre non ha dimostrato relazione con la dose del farmaco utilizzato, con la durata della malattia o con eventuali trattamenti concomitanti.

Il commento a questo articolo:

I risultati di questo studio confermano la pratica che si adotta comunemente nella cessazione degli antidepressivi: l’interruzione brusca della terapia si associa a maggior rischio di ricaduta e accorcia l’intervallo di tempo tra un periodo di malattia e il successivo.

Quanto debba durare il periodo di cessazione non è chiaro: si parla di settimane o addirittura di mesi.

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Come interrompere gli antidepressivi Riduci
Gastroenterologia

SIGE: "News dalla Letteratura"

Ricordiamo che alcuni mesi fa la SIGE, nell’ambito della sua attività educazionale e di aggiornamento scientifico, ha aperto sul proprio sito un’area riservata ai medici non soci.

Clicca qui per visionare on line la nuova tornata di articoli dalla letteratura dopo esserti registrato.

Siamo fiduciosi che questa iniziativa sia uno strumento utile alla formazione e all’aggiornamento continuo dei medici siano essi di Medicina Generale che Specialisti.

Buona Lettura!!

Società Italiana di Gastroenterologia (SIGE)
Gastroenterologia - lunedì 12 dicembre 2011
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Fibrillazione atriale Riduci

Fibrillazione atriale e mortalità nelle donne

(JAMA - Journal of the American Medical Association)

 

Dopo lo studio Framingham, che aveva denunciato un aumento della mortalità a lungo termine - soprattutto femminile - nei soggetti in cui insorge una fibrillazione atriale, altri studi successivi non hanno confermato questo rischio, per cui alcuni ricercatori hanno realizzato uno studio prospettico basato sulle partecipanti al Women's Health Study per valutare la mortalità in circa 35.000 donne non affette da problemi cardiaci al momento del reclutamento.

La fibrillazione atriale (FA) è insorta in donne che all’inizio dello studio erano di età più avanzata (59 anni contro la media di 53) ed avevano una maggior prevalenza di ipertensione e di ipercolesterolemia. Durante i 15 anni del follow-up è insorta FA in 1.011 donne, e 63 di queste sono decedute. Dopo analisi aggiustate il rischio di mortalità nelle donne con FA è stato di 2.1 (per motivi cardiovascolari è stato di 4.2 mentre per motivi non cardiovascolari è stato di 1.7).

Quando questo rischio è stato aggiustato per l’occorrenza di eventi cardiovascolari non fatali, ne è risultato che la mortalità si è attenuata, pur restando ancora elevata (mortalità globale 1.7; cardiovascolare 2.6; non cardiovascolare 1.4). Per quanto riguarda il tipo di FA, la mortalità non è risultata maggiore nelle donne con FA parossistica ma solamente in quelle con FA cronica e persistente. Nelle 74 donne con una FA isolata (senza alcuna altra patologia) non si sono verificati decessi durante 7 anni di follow-up.

 

Il commento a questo articolo:

Ha senso attribuire l’eccesso di mortalità alla FA quando il 40% delle donne partecipanti allo studio non erano affatto “sane”? La presenza di ipertensione e/o dislipidemia potrebbe giustificare da sé l’aumento dei decessi, per cui il messaggio è semplice: occorre tenere attentamente sotto controllo tutti i fattori di rischio e le condizioni patologiche che possono portare ad una mortalità cardiovascolare aumentata.

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Beta-bloccanti nella BPCO Riduci

(British Medical Journal - BMJ)

 

Molti β-bloccanti hanno in scheda tecnica la controindicazione al loro uso nelle broncopatie ostruttive, per cui anche nella BPCO vengono raramente utilizzati con la paura che possano scatenare o peggiorare un broncospasmo.

Con questo studio retrospettivo sono stati valutati gli effetti dei β-bloccanti sulle riacerbazioni di malattia, ricoveri ospedalieri e mortalità in 6.000 pazienti scozzesi affetti da BPCO. Nel complesso, 819 soggetti utilizzavano β-bloccanti.

Dopo un follow-up medio di 4.4 anni (in tale periodo sono deceduti circa un terzo dei pazienti) l'uso di β-bloccanti si è associato ad una diminuzione del 22% della mortalità globale, e tale dato è risultato indipendente dal tipo di terapia inalatoria cui i pazienti hanno fatto ricorso (steroidi, LABA, anticolinergici, associazioni varie). Da rimarcare che l'uso dei β-bloccanti non ha avuto alcuna interferenza con la funzionalità respiratoria.

 

Il commento a questo articolo:

Anche uno studio del 2010 era arrivato alle stesse conclusioni, che non sono poi così stupefacenti: il 90% dei β-bloccanti utilizzati é di tipo cardioselettivo (atenololo, metoprololo), e molti soggetti erano anche cardiopatici, con indicazioni quindi all'uso di tale tipo di farmaci.

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